domenica 30 ottobre 2016

Oligarchia, meglio di no. Per un ragionevole, ragionato, convinto, pacato NO // Parte tre di tre

Non so bene come classificarmi.
Non guardo la televisione e non ce l'ho, da oltre vent'anni non seguo più calcio e ciclismo di cui ero appassionato, non amo guidare e per lunghi anni non ho posseduto una macchina, ho un profondo disinteresse per le mode: questo fa di me una persona elitaria?
Sono plebeo e inelegante, riesco a distinguere a malapena il vino in bianco, rosso e rosé, sono quello che si chiamava "una buona forchetta", ma ho un certo fastidio per il food porn, non odio il turismo di massa (come potete leggere in questo mio libretto): questo fa di me una persona non-elitaria?
Siccome poi ho più di 65 anni, sono laureato e voto NO ciò farebbe di me un vero caso statistico.

Sarò elitario, sarò plebeo. Amen.
Ma sono contro l'oligarchia.

Strani dibattiti appassionano i media (social e no) in tempi di referendum costituzionale.

Ma intanto partiamo da qualche fatto: la sinistra ha sempre voluto estendere il suffragio.
Voleva che esso fosse un diritto soggettivo di tutti e non l'esercizio di una capacità.
Eccola qua la differenza! 
Il voto in democrazia, ma anche l'elettorato passivo, è un diritto di tutti: giovani e vecchi, donne e uomini, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti.
Tanto è vero che per consentire a tutti di essere eletti, saggiamente si voleva (e venne istituita) l'indennità parlamentare (che la Costituzione sancisce nell'Art. 69: I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge; poche parole e chiare, neh?).

Ma basta il voto, basta il suffragio universale? No, non basta, ovviamente, anche se non si può farne a meno.
Non basta almeno per chi crede nella democrazia come reale espressione della sovranità del popolo.
Non solo non basta perché deve essere accompagnato da condizioni di possibilità reali di esercizio del voto (quelle che, oltre al suffragio universale,  Dahl riassume in: elezioni ufficiali, libere e frequenti, diritto a cercare un lavoro, libertà d'espressione, di stampa e di associazione), ma perché la democrazia rappresentativa funziona in senso inclusivo solo se la cessione temporanea di sovranità ai rappresentanti è accompagnata da una partecipazione costante dei cittadini alla formazione dell'agenda e alle scelte (e questo si fa in molti modi, anche con il conflitto e con le lotte, che sono forme importati di partecipazione, più dei referendum).

Ma se poi i cittadini votano per il Brexit o per la Le Pen o per Berlusconi, Salvini, Grillo o Renzi, ecco che si levano alti i lai sul fatto che vecchi, casalinghe, giovani ignoranti non hanno le capacità di votare bene. 
Del resto Hitler non è andato al potere con il voto popolare? 
[Il fatto che la risposta a questa domanda sia no, non viene presa in considerazione; Hitler venne nominato Cancelliere dopo le elezioni del Novembre 1932 in cui perse due milioni di voti: il suo partito ottenne il 33,1%; chiedere ai partiti che lo hanno appoggiato; come in Italia a quelli che hanno votato Mussolini capo del governo dall'alto del suo 20% dei voti]. 
Agnosco veteris vestigia flammae (eccomi di nuovo elitista; traduco: "riconosco i segni dell'antica fiamma"): eccoli qua i sostenitori del voto come esercizio di una capacità e non come diritto: eccoli gli oligarchi in potenza.

La democrazia ha bisogno di buoni cittadini, certo. 
Che vadano a votare.
Quando in Italia votavano oltre il  90% dei cittadini (come alle politiche del 1948: 92,23%) era meglio di oggi che si vota al 75% (come alle politiche del 2013: 75,19%); o meglio del 34,21 delle ultime elezioni regionali dell'Emilia Romagna.
Che possano esprimere le loro opinioni in arene pubbliche; che abbiano accesso a un'informazione seria; che possano influenzare le scelte (non serve il vincolo di mandato dei rappresentanti per questo); che possano organizzarsi e lottare per i loro diritti.
Una volta c'erano partiti, sindacati, associazioni, parrocchie a consentire che questo avvenisse.
Una volta si considerava importante che in molti si votasse.
[Pensate al paradosso di due aziende in competizione cui non interessasse affatto quante lattine di bibita vendono, ma solo di avere la percentuale più alta del mercato: ecco quello che gli attuali partiti fanno].
Una volta questo avveniva e non era tutto oro, ovviamente. 
Ma quella era - per molti versi - una democrazia sostanziale.
Il fatto che oggi non avvenga, non significa che non sia più possibile.

Solo semplificando si può pensare che quelle agenzie, quel tessuto di pratiche di dibattito pubblico, possa essere sostituito dalla "rete"; ma molte pratiche dal basso esistono nelle nostre città e nelle nostre campagne, molte opportunità sono offerte  dalle nuove tecnologie.
Gli è che non interessa coglierle, dare loro continuità, spessore, rigore, qualità; gli è che non si vuole dare sbocchi politici, anche provvisori, ai movimenti e alle pratiche sociali, offrire loro la possiblità di influenzare l'agenda politica e le scelte.
Ma non è impossibile.

La democrazia è un processo senza fine, un orizzonte. 
Ma è infinitamente meglio di ogni altro sistema per gli oppressi, che ne hanno bisogno.

Voi direte: che c'entra con il referendum costituzionale?
Apparentemente poco. Sostanzialmente molto.
Ho già detto che una cattiva legge elettorale può rendere l'assetto istituzionale disegnato da queste modifiche sostanzialmente assai meno democratico.
Oltre le tecnicalità questo mi preoccupa molto.

Dimenticavo: è importante che un Parlamento possa legiferare bene (bene vuol dire non necessariamente in fretta) e possa esprimere un governo che funziona. 
Più importante è che esso sia rappresentativo del popolo, belli e brutti, buoni e cattivi, giovani e vecchi, istruiti e no.  

Dimenticavo: ai sostenitori delle èlite mi piacerebbe ricordare che all'immane massacro della Prima Guerra Mondiale non siamo stati condotti dalle masse ignoranti, ma da una ristretta e colta élite, con un'azione extraparlamentare e una sorta di colpo di stato (che dentro questa minoranza ci fossero persone perbene, che poi in molta parte si sono ravvedute, non è, nel nostro caso, rilevante); le masse quelle che seguivano il Partito Socialista e il Partito Popolare erano e rimasero contro la guerra, ma davvero contro (tra l'altro alle prime elezioni a suffragio universale maschile del 1919 questi due partiti ottennero 256 seggi su 508).