sabato 14 dicembre 2013

Una questione morale

Come forse sapete si stanno delineando le griglie di partenza per le prossime elezioni del Rettore dell'Università di Sassari.
Elezioni che - salvo un'eventuale proroga di un anno all'attuale Rettore - si dovrebbero svolgere nel prossimo Giugno.
Una partenza "lunga" quindi. Direi che è un bene.
I pre-candidati sono quattro: i colleghi Carpinelli (Chimica), Montella (Biomedicina), Pulina (Agraria), Sanna Passino (Veterinaria).
Ancora non conosciamo ufficialmente le loro visioni sul futuro del'Ateneo (non parlo di programmi, che - si sa - sono grandi contenitori, un po' inutili).
E non c'è uno spazio pubblico di discussione queste visioni (ed è un peccato).
Io parecchio tempo fa ho provato a proporre alcune questioni a mio avviso rilevanti senza suscitare particolare interesse (ma è giusto così, io conto come il due di coppe quando comanda bastoni).
Mi piacerebbe che questa fosse l'occasione per discutere senza auto-censure sul nostro futuro che sic stantibus rebus a me appare molto preoccupante, molto buio.
Quindi proporrò su questo blog alcune riflessioni sperando che suscitino una qualche attenzione, in primo luogo tra i candidati.

La prima è una questione  rilevantissima, anche morale, quella del precariato. In questa prima puntata parlerò del personale tecnico-amministrativo, in una prossima degli altri.
Intanto vado allo Statuto dell'Ateneo:

TITOLO I - Principi 
Articolo 6 Dignità del lavoro e precariato
1. L’Ateneo riconosce la dignità del lavoro dei suoi dipendenti e collaboratori, assicura a tutti i lavoratori piena garanzia e tutela, e promuove obiettivi di stabilizzazione e di riduzione del ricorso al lavoro precario per attività che abbiano carattere di continuità. A tal fine, l'Ateneo realizza periodicamente un rapporto sui diritti del lavoro e sul lavoro precario da presentare in un incontro pubblico.

Sono passati due anni e del rapporto e dell'incontro non si vede traccia. Credo sia urgente dare riscontro al mandato statutario (lì c'è scritto periodicamente, io avrei voluto che fosse scritto annualmente, ma il "periodo" non può essere un lustro!) e dichiaro sin d'ora la mia disponibilità a coordinare un gruppo di lavoro per presentare il rapporto entro marzo.
Ma c'è di più: in questi anni il ricorso al lavoro precario nella struttura tecnico-amministrativa e nei Dipartimenti è cresciuto enormemente: ci sono oltre cento contratti a tempo determinato, senza contare i co.co.co.
Ad esempio nel nostro Dipartimento sono solo tre le persone a tempo indeterminato, contro cinque a tempo determinato (e altri tre co-co e simili a tempo pieno).
Moltissimi di questi lavoratori svolgono "attività che hanno carattere di continuità" (da noi tutti); in media sono giovani, molto preparati, molto bravi, molto produttivi.
Appare evidente che c'è un grosso problema, reso più grave dalla decisione del governo di limitare a tre gli anni massimi per i contratti a tempo determinato.
Un problema ancora più grosso per la scarsità di punti-organico a disposizione del nostro Ateneo, che ha avuto una percentuale irrisoria di recupero del turn-over.
Per l'inclita: i punti-organico sono - in buona sostanza - una misura della possibilità che un Ateneo ha di assumere a tempo indeterminato e valgono per tutto il personale, anche per i docenti.
Come si farà a stabilizzare un centinaio di persone  (oltre ad occuparci dei precari della ricerca e della didattica e degli avanzamenti degli idonei all'abilitazione nazionale) è un bel problema, anche pensando a un piano pluriennale (e intanto la mannaia dei tre anni scatta).
Ma è una questione ineludibile che richiede una strategia e delle scelte (non improvvisate e dell'ultima ora).
Non so cosa si dovrebbe fare: forse "dimagrire" con una dieta equilibrata, e quindi non creare neanche un solo precario in più e assorbire in cinque anni gran parte degli attuali; nel frattempo trovare il modo di "rinnovare" (serve qualche escamotage) quelli che ci sono sino ad altri tre anni.
Se si sburocratizza, se si decentralizza, se si migliora la produttività, forse si può fare.
Ma io non sono candidato (né - per i criteri che ho proposto - sono candidabile) e quindi non spetta a me proporre le soluzioni.
Ma si tratta, tra l'altro, di una questione morale: io la vivo come tale.
Per il poco che posso cercherò di imporla (ho scritto giusto) all'attenzione.




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